Cannabis e schizofrenia: il CBD può davvero aiutare?
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Il rapporto tra cannabis e mente è uno dei più affascinanti e complessi della storia.
Da una parte c’è il THC, il cannabinoide illegale in Italia che, secondo quanto riportano i consumatori abituali, “accende” la mente e può esacerbare i sintomi psicotici nei soggetti vulnerabili.
Dall’altra, il CBD — la molecola calma e bilanciata della pianta — sembra avere un potenziale effetto antipsicotico, attenuando i sintomi e supportando la terapia tradizionale.
Vediamo in questo articolo cosa sappiamo oggi e cosa dicono le ricerche più aggiornate.

Immagine: il Mago alle prese con il mostro immaginario della schizofrenia
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Cannabis e schizofrenia: un legame complesso
La schizofrenia è una condizione complessa, dove genetica, ambiente e neurochimica si intrecciano. Il THC, che stimola i recettori CB1, può alterare l’equilibrio dei neurotrasmettitori (dopamina e glutammato) e, in chi è predisposto, scatenare o peggiorare episodi psicotici. Il CBD, invece, agisce in modo opposto: calma i circuiti cerebrali iperattivi, modulando la risposta dopaminergica e riducendo l’iperstimolazione mentale.
In parole semplici: dove il THC accelera, il CBD frena.
Due lati della stessa pianta, ma con effetti molto diversi. Se vuoi approfondire differenze e ruoli dei fitocannabinoidi, leggi anche: CBD: effetti e usi, CBD e ansia, CBD e sonno.
Come agisce il CBD nel cervello
Il CBD è un cannabinoide che dialoga con diversi sistemi del cervello, non solo con i recettori della cannabis. La scienza ha osservato che:
- aumenta i livelli di anandamide, una sostanza naturale legata al benessere e alla stabilità emotiva;
- riduce l’attività eccessiva della dopamina, associata a distorsioni percettive e deliri;
- stimola i recettori 5-HT1A della serotonina, favorendo calma e lucidità mentale.
In pratica, il CBD aiuta a riequilibrare la comunicazione neuronale e a riportare la mente su frequenze più tranquille, senza “spegnere” il pensiero ma riordinandolo.
Le ultime ricerche scientifiche
Negli ultimi anni il CBD è diventato un tema centrale anche nella ricerca psichiatrica. Non più solo un estratto “naturale”, ma un possibile coadiuvante terapeutico per i disturbi psicotici, con meno effetti collaterali rispetto ai farmaci convenzionali.
Frontiers in Pharmacology – 2021
Una revisione condotta da Zangani et al. ha analizzato diversi studi clinici sull’uso del CBD in aggiunta alle terapie per la schizofrenia. I risultati hanno mostrato riduzione dei sintomi positivi (deliri, allucinazioni) e miglioramento dei sintomi negativi (apatia, isolamento sociale), con ottima tollerabilità. Gli autori scrivono che il CBD “potrebbe rappresentare una nuova classe di farmaci antipsicotici”. Leggi lo studio completo su Frontiers in Pharmacology.
Cannabis and Cannabinoid Research – 2023
Una revisione sistematica pubblicata nel 2023 ha confermato i risultati precedenti, aggiungendo un dettaglio importante: dosi tra 600 e 1000 mg di CBD al giorno hanno aumentato i livelli di anandamide nel sangue, in parallelo a un miglioramento cognitivo. In altre parole, più anandamide, più equilibrio mentale. Consulta la revisione su SpringerOpen.
Prospettive e limiti
Le prospettive sono promettenti, ma la ricerca è ancora giovane. Servono studi più ampi e omogenei per capire se il CBD possa essere utile anche in prevenzione o solo come supporto ai trattamenti già in corso. Un altro nodo è il costo del CBD farmaceutico, ancora alto in molti Paesi. Tuttavia, la direzione è chiara: il CBD potrebbe diventare nei prossimi anni una nuova risorsa terapeutica complementare nella gestione dei disturbi psicotici.
Cannabis terapeutica e uso consapevole
È importante distinguere tra uso terapeutico e uso ricreativo. La cannabis light o terapeutica con CBD titolato e controllato può avere benefici, ma la cannabis ad alto contenuto di THC resta rischiosa per chi ha predisposizione a disturbi psichiatrici. L’automedicazione è sempre sconsigliata: anche se naturale, il CBD è un principio attivo che va usato sotto guida medica e con dosaggi precisi.
In sintesi
- Il THC può aumentare il rischio di sintomi psicotici nei soggetti predisposti.
- Il CBD sembra ridurre l’attività cerebrale eccessiva e migliorare lucidità e umore.
- Gli studi 2021–2023 indicano un profilo di sicurezza elevato e un potenziale ruolo come supporto terapeutico.
- Sono necessari ulteriori trial clinici su larga scala per confermare dosaggi e protocolli ottimali.
La cannabis non è tutta uguale: dentro la stessa pianta convivono sostanze che possono disturbare o riequilibrare la mente. Il futuro della ricerca sta nel capire come usare al meglio la parte buona — il CBD — in modo responsabile e consapevole. Non è magia, è biochimica con un tocco di saggezza naturale. 🌿

