Il CBD crea dipendenza?

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Quando si parla di cannabis, molti si chiedono: “il CBD crea dipendenza?”. È una domanda legittima, soprattutto in un panorama dove i prodotti a base di CBD sono sempre più diffusi. Negli ultimi anni, il cannabidiolo è entrato nel linguaggio quotidiano, ma spesso circola ancora molta confusione.

Alcuni lo associano erroneamente al THC, temendo che possa dare assuefazione o alterare la mente. In realtà, il CBD è una molecola completamente diversa: priva di effetti psicoattivi, con un profilo di sicurezza riconosciuto a livello internazionale.

In questo articolo analizziamo cosa dice la scienza e perché il cannabidiolo non può essere considerato una sostanza che crea dipendenza. OMS (nientemeno) dixit!

il Mago di spalle tiene in mano una boccetta di olio CBD, sfondo giallo, foglia di canapa ben visibile

Immagine: il Mago di spalle ha appena scoperto che il CBD non da' dipendenza

Cos’è il CBD e come agisce

Il CBD, o cannabidiolo, è uno dei principali fitocannabinoidi presenti nella pianta di Cannabis sativa. A differenza del THC, non provoca effetti psicoattivi o sensazioni di “sballo”.

Agisce modulando il sistema endocannabinoide, una rete biologica che regola funzioni come umore, sonno, dolore e stress. Il suo effetto principale è riequilibrante: aiuta il corpo a mantenere l’omeostasi senza alterare la percezione o creare euforia.

Il CBD interagisce indirettamente con i recettori CB1 e CB2 del sistema endocannabinoide, ma non li “attiva” in modo diretto come il THC. Questo significa che non interferisce con il circuito del piacere e non innesca la risposta cerebrale che porta alla dipendenza.

Il CBD, in generale, aiuta l’organismo a reagire meglio agli stress esterni, senza creare assuefazione o alterare la mente. In termini pratici, può supportare rilassamento, concentrazione e qualità del sonno in modo equilibrato e sostenibile nel tempo.

Dipendenza, assuefazione e tolleranza: cosa cambia

Molti confondono la dipendenza con l’assuefazione o la tolleranza, ma sono concetti molto diversi.

  • La dipendenza comporta un bisogno fisico e psicologico di assumere una sostanza, con sintomi di astinenza se viene interrotta.
  • L’assuefazione, invece, descrive la riduzione dell’effetto di una sostanza nel tempo.
  • Infine, la tolleranza indica la necessità di aumentare le dosi per ottenere lo stesso risultato.

Nel caso del CBD, gli studi non mostrano alcuna evidenza clinica di dipendenza o craving.

Anche dopo un uso prolungato, non si osservano sintomi da astinenza né comportamenti compulsivi. Alcuni utenti riferiscono una riduzione graduale degli effetti nel tempo, ma ciò è più legato all’adattamento del corpo che a una vera tolleranza farmacologica.

Il CBD quindi non “stimola” il cervello a cercarne sempre di più: lavora in sinergia con il corpo e si limita a ristabilire un equilibrio interno. In questo senso, è più simile a una sostanza funzionale come un integratore di supporto che a una droga psicoattiva.

Cosa dice la scienza sul CBD e la dipendenza

Le evidenze scientifiche più recenti confermano con chiarezza che il CBD non crea dipendenza. Una revisione pubblicata su Frontiers in Psychiatry nel 2024 ha analizzato decine di studi e non ha trovato alcun segnale di craving o astinenza dopo l’interruzione dell’assunzione.

Anzi, diversi dati suggeriscono l’opposto: il CBD può essere utile nel trattamento delle dipendenze da altre sostanze come nicotina, alcol e oppiacei.

Ecco altre evidenze mediche che dimostrano che il CBD non causa dipendenza né sintomi di astinenza:

  • Studio clinico randomizzato su volontari sani non ha rilevato alcuna sindrome da sospensione dopo interruzione improvvisa del trattamento a base di CBD (PubMed, 2020)
  • Revisione dell’OMS conferma assenza di potenziale d’abuso o dipendenza (WHO ECDD, 2018 e anche questo PDF )
  • Risultati in linea arrivano da un’analisi su Journal of Clinical Medicine, che evidenzia come il CBD non attivi i circuiti cerebrali del piacere legati alle sostanze d’abuso (J Clin Med, 2022)
  • Revisione su Drug and Alcohol Dependence segnala una possibile riduzione del craving in soggetti con dipendenza da oppiacei o nicotina (Drug Alcohol Depend, 2019)

Riassumendo, il CBD non attiva i recettori cerebrali legati al piacere immediato e non produce euforia o alterazioni della percezione. Inoltre, alcuni esperimenti clinici mostrano che può ridurre l’ansia e migliorare la gestione dello stress, due fattori spesso correlati ai comportamenti di abuso.

La ricerca scientifica, dunque, non solo conferma che il CBD non è una sostanza che genera dipendenza, ma lo colloca tra i composti naturali potenzialmente utili per chi sta affrontando percorsi di disintossicazione o vuole ridurre il consumo di altre sostanze più rischiose.

Conclusioni: nessuna dipendenza, ma attenzione! 

In sintesi, il CBD non crea dipendenza. È una molecola non psicoattiva, capace di agire in modo delicato ma efficace sul sistema endocannabinoide, favorendo equilibrio e benessere generale. L’importante è conoscerlo, sceglierlo bene e utilizzarlo con consapevolezza.

Tuttavia, è importante prestare attenzione alla qualità dei prodotti. Oli o estratti di bassa qualità possono alterare il profilo di sicurezza. È sempre consigliabile acquistare prodotti da marchi consolidati, con analisi di laboratorio e origine tracciabile.

Riassumendo: Il CBD non sostituisce nulla, accompagna l’organismo verso il suo equilibrio naturale.

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Weedzard Cannabis Light

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