Cannabis light nuovo decreto: cosa vieta
Il nuovo decreto è un pastrocchio indicibile e il mondo della cannabis light è in ebollizione. Stiamo parlando del nuovo decreto sul CBD e sulla cannabis light firmato dal ministro Schillaci e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 Agosto 2023.
Vediamo il dettaglio.
In questo articolo parliamo di...
In breve, il nuovo decreto include il CBD nella tabella delle sostanze stupefacenti e ne vieta la vendita come prodotto da ingestione.
Se da una parte il decreto riconosce al cannabidiolo l'efficacia come analgesico - abbiamo scritto più di un articolo a riguardo - dall'altra di fatto ne vieta la libera vendita come prodotto da ingestione (tipicamente, le gocce!). Resta consentita la vendita in farmacia, solo dietro prescrizione medica con ricetta non ripetibile.
Resta anche (per ora) la libera vendita di infiorescenze di cannabis light.
Il decreto entrerà in vigore il 22 settembre prossimo. C'è ancora tempo per evitare disastri.
Il TAR del Lazio ha accolto favorevolmente le obiezioni portate avanti dalle associazioni di categoria volte a ottenere la sospensione del decreto e auspicabilmente si pronuncerà presto sulla questione.
Ma come è stato possibile arrivare a un decreto così dannoso per la filiera e per centinaia di migliaia di persone che stanno ottenendo ottimi risultati con l'olio CBD?
La battaglia ha radici profonde. Il ministro ha operato - attenzione - revocando il decreto precedente del 2020 a firma del ministro Speranza, che a sua volta revocava un altro decreto precedente dello stesso ministro Speranza. Cose che succedono solo in Italia, verrebbe da dire, ma probabilmente succedono anche nei paesi del terzo mondo.
Speranza e l'odioso decreto sulla cannabis light ritirato
Il ministro Speranza non è ricordato solo per il protocollo "tachipirina e vigile attesa" che qualche danno lo ha fatto. E' ricordato, nel settore della canapa light, anche per il suo decreto del 2020, con il quale rendeva il CBD un farmaco e vietava la vendita di CBD senza prescrizione medica.
Era il 2020, il mondo era in una situazione non facile, ma le associazioni pro cannabis light hanno dato battaglia e il ministro Speranza fu costretto a emanare in fretta e furia un nuovo decreto che cancellava il decreto.
Schillaci e il ritiro dell'odioso decreto ritirato
Sembra assurdo, ma è così: il ministro Schillaci ha revocato il decreto dell'ex ministro Speranza che revocava il decreto precedente dello stesso Speranza, riportandolo così in vigore.
Cose che succedono nei paesi...un po' strani.
Cosa cambia dal 22 Settembre 2023
Salvo sospensioni del TAR e salvo sorprese dell'ultimo minuto, dal 22 Settembre in poi non sarà più possibile l'acquisto di olio CBD da ingestione, se non presso farmacie e con ricetta medica (!).
L'iscrizione nelle tabelle vieta a tutti gli effetti la vendita di CBD da ingestione per uso diverso da quello farmacologico.
Sul fronte delle buone notizie, niente cambia, per il momento, riguardo alla vendita di infiorescenze di canapa light, nella misura in cui la quantità di THC è trascurabile.
La posizione del governo con il nuovo decreto sulla Cannabis light
"Che problema c'è? Il CBD funziona, ha effetti analgesici, è quindi un farmaco. Di un farmaco è (di fatto) vietato l'abuso, quindi è molto semplice: vietiamo il CBD da ingestione a meno che non sia un farmaco". Ce le immaginiamo così, le conversazioni all'interno del governo sulla bozza del decreto.
L'eccesso di semplificazione è evidente, e in politica - si sa - l'oversemplificazione porta quasi sempre un domino di problemi che si sommano gli uni agli altri con effetto valanga. E quando la valanga si abbatte, è troppo tardi per tornare indietro.
Lo capì perfino Speranza, uno che resta sempre a galla.
La posizione delle associazioni antiproibizioniste e di canapa light
Le associazioni di produttori e rivenditori di canapa light sono sul piede di guerra, e a giusta ragione.
Non è solo la pruriginosa velleità di un governo di destra (ma anche di sinistra) di mettere fuorilegge la foglia a 5 punte, quale essa sia. Nè solo la malcelata volontà di stroncare le piccole aziende in favore di Big Pharma.
Già questi due elementi sarebbero sufficienti a far alzare qualche sopracciglio, ma non abbastanza per sollevare questioni davanti al tribunale amministrativo regionale competente. Che, ripetiamo, ha accolto le motivazioni delle associazioni che hanno fatto ricorso.
Le associazioni antiproibizioniste, in primis Luca Coscioni, sollevano una serie di questioni di merito decisamente importanti:
- Gli stati membri dell'ONU che hanno ratificato le convenzioni sulle sostanze narcotiche e psicotrope sono tenuti ad adeguare le normative nazionali a quanto previsto dalle convenzioni internazionali. Se una sostanza non è in tabella, come per esempio il CBD, lo Stato non ha l’obbligo di imporre ulteriori ristrettezze normative.
- La Corte di Giustizia europea ha già sancito che un prodotto liberamente realizzato o commerciato in altre nazioni dell'Unione non può essere vietato in altre nazioni dell'Unione.
A queste sostanziali perplessità sulla legittimità del decreto, si aggiungono le valutazioni aggiuntive delle associazioni specifiche del settore cannabis light, che criticano la fattibilità del decreto.
Sarebbero infatti necessari adeguamenti fiscali e normativi dal costo stratosferico, che escluderebbero immediatamente dal mercato gli operatori piccoli e medi.
Per ora la macchina del divieto è lanciata alla massima velocità.
Vedremo nei prossimi giorni gli sviluppi, che si spostano dal campo aperto alle faide burocratiche da Repubblica delle Banane (Light).
Conclusioni
In una nazione e in particolare in un settore dove la certezza del diritto manca, la crescita e lo sviluppo del business ne risentono. E' necessario dare sostegno ai ricorsi per salvare l'olio CBD dalle grinfie di Big Pharma.
E prima che sia troppo tardi, ti conviene fare scorta del nostro olio CBD, con olio extravergine di oliva 100% italiano.